Cosa rende un ambiente di lavoro un inferno

Cosa rende un ambiente di lavoro un inferno

Cosa rende un ambiente di lavoro un inferno

Sai cosa rende un ambiente di lavoro un inferno? Io mi sono fatto un’idea e adesso, se hai pazienza, te ne parlo. Credo inoltre di poterti dare dei suggerimenti per uscire da una situazione di questo genere.

E’ un idea comune credere che in un ambiente di lavoro sia più produttivo creare competizione, non so come si sia arrivati a questa convinzione popolare. Ad ogni modo è una delle cose più sbagliate in cui mi sia mai imbattuto.

Partiamo dalla psicologia umana per fare una semplicissima riflessione. Una persona che viene assunta per svolgere un lavoro cercherà di fare del suo meglio per fare una bella figura, anzi cercherà di far di tutto per raggiungere il suo scopo.

Quindi immaginiamo che io non sia particolarmente bravo nel compito, cosa posso fare? Denigrare gli altri per metterli in cattiva luce e poter primeggiare. Questo è un comportamento sufficientemente umano.

Partendo da questo assunto un bravo datore di lavoro dovrebbe assolutamente scoraggiare questo tipo di comportamenti, anzi dovrebbe, al contrario, favorire la creazione di un clima di collaborazione e spirito di squadra.

Cosa rende un ambiente di lavoro un inferno

Purtroppo questo non succede quasi mai e lo sai qual’è la prima arma della competizione? LA DELAZIONE

Parlar male di qualcuno serve in qualche maniera a brillare di più. Oltretutto si crede, riportando particolari nascosti, di ottenere favori o riconoscimenti.

Spesso siamo tirati in mezzo a situazioni paradossali dove ci troviamo ad ascoltare lo sfogo di qualcuno in relazione a qualcosa, tuttavia molto spesso si tratta di parlare (male) di qualcuno.

Cosa rende un ambiente di lavoro un inferno

Un sistema efficace per evitare di farsi coinvolgere in questo meccanismo perverso me lo ha suggerito questa lettura che riporto di seguito.

Socrate aveva reputazione di grande saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovarlo e gli disse:
– Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?
– Un momento – rispose Socrate. – Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.
– I tre setacci?
– Prima di raccontare una cosa sugli altri, è bene prendersi il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?
– No… ne ho solo sentito parlare…
– Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?
– Ah no! Al contrario
– Dunque – continuò Socrate – vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. E’ utile che io sappia cosa avrebbe fatto questo amico?
– No davvero.
– Allora – concluse Socrate – quel che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?
(Da Millman – I viaggi di Socrate)

Questo è un pezzo molto diffuso su internet ed è oggetto di bufale incredibili. Ci sono sempre gli imbecilli che non si documentano e non leggono. Costoro lo attribuiscono al filosofo greco Socrate, tuttavia è uscito dalla fantasia di uno scrittore americano.

Comunque questo sistema può essere ripreso in termini assertivi ed utilizzato sul posto di lavoro. I risultati non tarderanno a venire.

Come nel racconto di Millman anche tu puoi fare le 3 domande al tuo interlocutore ed il gioco è fatto.

 

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